Baglioni, quel disco nato qui a Bologna
CORRIERE DI BOLOGNA – Il ricordo
Quel disco nato qui a Bologna
È un agguato della memoria. Così quando mi hanno chiesto un ricordo di Bologna la prima cosa che mi è venuta in mente è stata una notte di 30 anni fa. Ero arrivato in città per registrare un nuovo album. Avrei albergato all’Hotel Baglioni appena restaurato. Mi avrebbero riservato l’appartamento più prestigioso: spazi inverosimili, molto più grandi di una casa normale e quasi sempre hanno un balcone imponente con la vista più bella e con le bandiere. E in quello c’erano. E c’era anche l’insegna luminosa e imponente con il nome altisonante dell’albergo. Con lo stesso carattere che avevo visto sulla chiave di ottone e stoffa che mi aveva consegnato l’incaricato del ricevimento. «Che raffinatezza!» avevo esclamato, pensando di fare una battuta spiritosa, «personalizzate le chiavi con il nome dell’ospite». Rammento anche che il portiere non aveva riso minimamente. Neanche dopo aver ripetuto e sottolineato che ero Claudio Baglioni ed ero prenotato lì. Sta di fatto che entrai comunque in possesso del mio quartiere e dopo un lungo giro turistico dell’intera planimetria (ingresso, soggiorno, tinello, guardaroba, vestiario, camera da letto, balconi) trovai nel bagno una megavasca per idromassaggio. Così, mentre versavo in un flûte lo champagne gentilmente offerto, la riempii, incautamente, di sali e azionai il meccanismo. Nel giro di pochissimi secondi finimmo avvolti in un’immensa, fantasmagorica bolla di sapone che si riprodusse, malgrado io tentassi di arginarla, a velocità esponenziale in tutti gli spazi interni e infine sulle balconate e sui vessilli sventolanti. Rassegnato a non poter far più niente contro il blob che tutto invadeva e pregando il cielo che nessuno se ne accorgesse, vinto dalle fatiche del giorno di vigilia di un importante lavoro e da quell’ultimo sovrumano sforzo contro la schiuma primordiale, mi addormentai, facendo, forse per conseguenza, uno dei sogni più lisergici della mia vita. Arrivavo da un mare tumultuoso su una spiaggia misteriosa e, subito dopo l’approdo, cominciavo a salire un’interminabile casa verticale nella quale, in ogni stanza, incontravo persone della mia vita e personaggi sconosciuti, fino a giungere in cima e, accovacciato, solo, dietro a un portone che mi separava dalla vita da affrontare, ripetevo, come in un lamento, «volevo essere un mago, volevo essere un grande mago». L’indomanimattina mi svegliavo e il sogno, la schiuma, il senso di smarrimento s’erano dileguati. Uscivo e camminavo sotto i portici di Bologna verso lo studio discografico e verso il mio lavoro più visionario. Così cominciava l’album «Oltre, un mondo uomo sotto un cielo mago». Umanità e magia di Bologna.
Claudio Baglioni