Una serata a cantare con Baglioni
Sono seduta sul gradino più alto degli spalti, ultimo anello. Gambe incrociate, parlo al cellulare mentre attorno a me signore di mezza età, mariti dalle facce annoiate e ragazze in bilico tra il sovrappeso e l’obesità applaudono e agitano cuori luminosi. Con un ritardo di due minuti sull’ora di inizio indicata sul biglietto le luci si spengono, sale un boato e partono le prime note di Notte di Note. Claudio Baglioni sale sul palco.
Sono a un concerto di Baglioni, faccio un regalo a mia mamma, faccio un regalo alle me stessa di 13 anni. Avvero il suo sogno di quando rimanevo attaccata alla radio, pronta a schiacciare in contemporanea i tasti Play e Rec appena partiva “E tu come stai” (e ascoltare nel walkman delle gite le canzoni dagli incipti mozzati, con le pubblicità per mezzo).
Ieri ho ritrovato le tue iniziali nel mio cuore, non ho più voglia di pensare e sono sempre più sbadato
Non ne sapevo niente della svagatezza che segue la fine di un amore, non ne sapevo niente del vento che passa tra le persone, eppure quella strofa aveva toccato qualcosa che cresceva dentro, quella vaga nostalgia che avrei imparato ad avere come amica.
“Non avrei mai voluto essere il primo della classe, non avrei mai voluto portare i primi occhiali” ascoltavo cullando la prima malinconia. E quel senso di superiorità rispetto agli altri, a quelli integrati che avevano sempre i vestiti giusti e guardavano Non è la Rai. Prima di scoprire le lenti a contatto, prima di scoprire il dolce conforto dell’omologazione.
Prima di avere viali di foglie ad incendiarmi il cuore e capire di non aver amato mai abbastanza.
(E scoprire lo spleen che può salire da una panchina fredda del metrò prima ancora di prendere un metrò per la prima volta).
Non provo neanche a tirare fuori il cellulare e catturare un debole segnale Edge per lanciare un tweet ironico su Baglioni, ho gli occhi fissi sul palco e mi ritrovo a cantare tutte le canzoni tutte a memoria (sforzandosi di cantare a voce bassa così la gente accanto non pensasse “senti a questa com’è stonata”).
L’assolo del pianoforte introduce Mille Giorni di Me e di Te e io penso che è proprio vero che mi ha fatto male per non farlo alla mia vita. E ora posso lasciare che qualcuno si prenda il mio armadio e quel disordine… Perché la vita è adesso, in questa gioia che fa male di più della malinconia. Nella città di antenne e cielo e luci grigie nelle stanze. Nella notte blu dei benzinai. Perché domani sarà sempre un nuovo giorno o un giorno nuovo.
E bisogna sempre far di tutto per avverare i desideri lasciati in sospeso.
[P.S. Con la consapevolezza critica dei mie 34 anni posso dire che i testi di Claudio Baglioni non sono secondi a nessuno degli altri cantautori italiani più radical-chic, se lo sognano loro lo storytelling di “E adesso la pubblicità”]