Resoconto Renato a Barcellona
Da alcuni giorni avrei voluto mettermi davanti alla tastiera del computer e scivere qualcosa su Barcellona, ma non mi decidevo mai. In realtà non sapevo come cominciare il racconto, anche Claudio in una intervista mi pare abbia detto che per il nuovo disco di inediti gli manca la canzone traino, ecco, anche a me mancava l’idea traino.
Non che adesso ce l’abbia, forse il guardare fuori questo universo bianco che mi attorna, dove il freddo si dimostra grande artista agghindando di brina e nevischio gelato gli alberi come se fossero ingioiellati, mi viene voglia di pensare al sole di Barcellona, per sentire un pò dentro di me il ricordo del caldo di quei giorni.
L’aereo è per me, nonostantoe ormai l’abbia preso un pò di volte, ancora una macchina fantastica. Gli basta poco per trasportarti in un mondo diverso, di sole e di qualcosa che è tutto diverso, qualcosa nel quale sentirsi un pò diversi.
Così quando finalmente sono salito con Rita su quell’aereo che mi avrebbe portato a Barcellona, mi è sembrato di andare sopra una sorta di macchina del tempo che mi stava portando in un’altra dimensione. Sembra esagerato, ma la consapevolezza di trovare un’altro clima, altri pensieri , altri visi, abitudini diverse da accettare e dalle quali farsi accettare, mi dava l’impressione di uscire da quel me stesso di tutti i giorni per entrare in un me stesso proiettato verso il mondo che vorrebbe avere intorno.
Poi è un mondo che conosci nella sua esteriorità e che percepisci nella sua essenza in ciò che la tua fantasia vuole che tu veda, che tu incontri, in realtà forse è tutto diverso da ciò che vedevano i miei occhi, ma è bello pensare di trovarsi in uno dei posti dove si vorrebbe stare, almeno uno dei posti che sia un piccolo tributo che la realtà paga alla fantasia… perchè anche la fantasia ha bisogno di una speranza per mantenersi viva.
In quella poltrona d’aereo ho tirato un sospiro di sollievo, ci eravamo arrivati dopo una peripezia di auto in colonna, di indirizzi non ben chiari di posteggi d’auto, di fiato corto dovuto ad un tempo che diventa effimero e lunghissimo quando stai in una colonna di auto che non si muovono… e il tempo si muove e tu rimani sempre li, fermo, immobile, e vorresti fermare quel tempo che non si vuole fermare e che ancora una volta si prende un pezzo della tua vita facendola diventare inutile. Tu fermo in una scatola di tolla su una strada mentre potresti in quel tempo rubato fare tante cose belle, leggere, sognare, raccontare e ascoltare, invece quando il tempo vuole fuggire inutilmente finisci solo con il guardarlo andare via, presi come si è dall’attimo che si vorrebbe rubare, da quel mondo di case e capannoni troppo fermi attorno a te.
Prendo l’aereo per necessità, non per piacere… mi da anche un pò fastidio quella struttura che mi sembra sempre angusta e che un pò mi toglie il fiato. Sono un pò claustrofobico e mi sembra strano pensare a quel posto così stretto immerso in un cielo così grande.
Barcellona ci accoglie con le sue grandi strade, con il suo accogliente sistema viario e il taxi sfreccia veloce fra i grandi palazzi luminosi della periferia, infila gallerie e viadotti sbucando nei grandi viali centrali in una città che non sembra voler andare a dormire.
Il taxi ci lascia nei pressi della cattedrale e sono due passi che si fanno volentieri fra bancarelle di Santa Lucia e gente che sembra stia cominciando la giornata in quel momento. Per noi invece la giornata sta finendo e il letto dell’albergo accoglie il nostro sfasciarsi in una voglia di sonno ristoratore.
Strani questi alberghi di Barcellona, ci siamo stati l’estate scorsa ed eravamo alloggiati in un ostello della gioventù nel Barrio Gotico, non ridete, siamo un pò anziani ma abbiamo alloggiato proprio li, ma ormai gli ostelli aprono a tutti dando un discreto confort rispetto agli anni 80/90, e non è una cosa poi così strana trovare una coppia un pò attempata come noi.
Strani dicevo, perchè mi pare che abbiano tutti lo stesso odore, che poi probabilmente per gli spagnoli è un profumo essendo, mi pare di capire, dovuto ad un disinfettante.
La mattina seguente ci siamo fiondati al Palau, volevamo ritirare i biglietti, ma ci hanno detto come in ogni altra occasione italiana che i biglietti ce li avrebbero dati solo un’ora prima del concerto.
Splendido il Palau, una mistura di modernità e tradizione assolutamente ben integrata. Solo che sembra quasi nascondersi fra il tessuto urbano della zona… nella visita guidata fatta l’estate scorsa ci hanno spiegato che in realtà quando è stato costruito, in particolare quando è stata aggiunta la parte più moderna, nelle intenzioni avrebbero dovuto abbattere le case di fronte e creare una piazza davanti alla struttura, ma come si può vedere l’intenzione è rimasta tale e credo che gli abitanti dei palazzi del posto possono dire… per fortuna!
Un giro alla Fnac di Plaza Catalunya, mi avevano incaricato di cercare un disco di un’orchestra sinfonica solo femminile di Madrid, ma la ricerca è stata vana, così come è stata vana la ricerca di dischi di Claudio!
A quel punto, quasi senza volerlo, siamo finiti nel Barrio Gotico alla ricerca di orme immaginarie lasciate alcuni mesi fa in una bellissima vacanza da ricordare (purtroppo però, anche per un furto subito). E’ strano come spesso ci si trova a ricercare ciò che ci ha fatto star bene, è bello cercare il nuovo, ma anche rivivere il passato che ci ha lasciato qualcosa diventa un tributo a quel tempo che se a volte tradisce, per fortuna, qualche volta da felicità.
Non era un tempo di cose roboanti, certo , ci sono state cose che appartengono alle solite bellissime attrazioni di Barcellona, ma ci sono state piccole cose valorizzate dalla compagnia e così, è stato bello rivedere un portone davanti al quale abbiamo atteso i ragazzi che sono stati gli anfitrioni dell’occasione, un negozio dove siamo rimasti con occhi da bambini incantati dalle forme che sapienti mani riuscivano a dare allo zucchero, un’altro negozio che faceva piatti di panini particolari con l’immancabile e perenne fila ad ingombrare marciapiede e strada, la “nostra” cerveceria con i salumi appesi e pendenti come fossero addobbi natalizi.
Barcellona è i suoi musei, é Gaudì, sono i suoi parchi, le grandi spiagge di Barcelloneta, ma è anche quell’esplosione di vitalità che si percepisce nelle sue strade e nella ramblas, quegli allegri negozi di panini monumentali e di dolci da acquolina in bocca, i suoi artisti di strada con la loro sorprendente inventiva.
E’ facile trovare sulla Ramblas personaggi che si inventano le più svariate forme di spettacolo, è facile trovare nelle vie attorno alla cattedrale angoli dove artisti di strada di notevole spessore, propongono musica con strumenti sia tradizionali che di svariate foggie.
Dal telefono mi arrivano notizie dei miei amici Rosaria e Pietro bloccati a Madrid dai ritardi deli aerei, l’ora del concerto si avvicina e comincio ad essere preoccupato per loro.
Il Palau ci accoglie con un brulicar di gente, non vedo facce conosciute e ci divertiamo a fare il giro del banco del bar guardando gli stuzzichini di varia foggia e composizione che ornavano il banco di forma quadrata, ma i biglietti ancora non ce li danno e decidiamo di mangiare fuori in un posto un pò più tranquillo.
Cena in un ristorante dal quale usciamo conquistati dalla simpatia della proprietaria, proponendoci di tornare il giorno dopo con più tranquillità e finalmente al Palau prendiamo possesso dei nostri biglietti.
Saliamo le scale del Palau con un naturale riguardo per la bellezza del posto, stucchi, marmi e vetri a mosaico dappertutto, un posto la cui bellezza è davvero difficile da raccontare.
Per fortuna Rosaria e Pietro sono arrivati e riusciamo ad incontrarci dopo aver incontrato il simpatico sorriso di Giulia, dalla Sardegna e dalla Calabria fino a Barcellona per Claudio e per giorni di serenità.
Caro Claudio, guarda un pò che ci fai fare! Ma è bello unire la tua arte ad un posto bello come il Palau, è bello unire la tua musica al viaggio e alla conoscenza di tanti posti che forse di nostra iniziativa non avremmo visto. Non è forse il caso di Barcellona, ma quanti posti abbiamo visto che senza di te non avremmo mai conosciuto?
In effetti Claudio mi è piaciuto molto, vengo da QPGA, questa scaletta al confronto è stata una boccata d’ossigeno e Claudio che fa il suo lavoro, che se la canta e se la suona da par suo, è proprio una cosa bella che merita di venir diffusa e ascoltata in un tempio della musica come questo.
Un concerto in grande spolvero vocale nonostante Claudio ci ha detto di essere reduce da una notte insonne, ma sappiamo che è una buona forchetta e un buon bicchiere, per cui facile ai peccati di gola come anche lui candidamente ha ammesso, colpa di un tirami su? Ma non sarà stato solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso? Ricordo un amico che dopo aver bevuto un paio di bottiglie di vino da solo, mi diceva che a ubriacarlo era stato l’amaro del dopo pasto.
Mi chiedo se fosse stato completamente in forma cosa ci avrebbe dato, perchè per me è stato un concerto all’altezza delle aspettative, un pò corto forse, ma reggere un concerto da solo non è cosa facile e un piccolo tributo al tempo anche lui deve pur pagarlo.
Un Claudio oltretutto divertente e scanzonato, con battute simpatiche e una affermazione che suona da promessa… fermarsi dopo Capodanno per mettere insieme le idee e scrivere il nuovo disco di inediti. Per lasciarsi andare a dire una cosa simile, credo proprio che l’intenzione sia più di una semplice idea, ma che probabilmente qualcosa di molto vicino alla realizzazione del suo nuovo prodotto bolle già in pentola.
E la voce di Claudio ha invaso un Palau contento di poter contenere qualcosa di adatto alla sua classe, la voce di Claudio accarezzava i cavalli e l’albero che contornavano dall’alto la scena, si infilava fra le canne dell’organo ferme ad ascoltarlo, zigzagava fra le colonnette delle balaustre e faceva splendere gli arazzi disegnati sullo sfondo, prima di tornare da noi emozionata ed emozionante.
La perfetta acustica del locale, i sapienti giochi di luce… insomma i tecnici di Claudio hanno saputo sfruttare al meglio le caratterisctiche del posto e ne è uscito un insieme di grande eleganza.
Spesso mi è capitato di accorgermi di ascoltare soltanto, senza guardare, rubato com’era il mio sguardo dai lampadari e dal soffitto che le luci facevano risaltare a volte di luce soffusa e a volte accentuandone i cromatismi, ma poi la voce di Claudio calda e intensa mi portava a guardare quel palco e mi pareva fosse lui a far accendere di colori a volte tenui e a volte intensi, dal blu all’arancione le canne dell’organo. Strumenti di musica in quel momento spettatori anch’essi di una grande musica.
Non posso citare una canzone preferita ad un altra, mi sarebbe difficile come tante volte succede con un’emozione, dipende dal momento che stai attraversando nella tua vita e una cosa rispetto al periodo ha più incisività di un’altra, però mi è piaciuto sentire “Fammi andar via”… questa canzone mi piace sempre in modo particolare e mi fa pensare a quanto sia più struggente un addio quando un amore è stato grande. Ascolto quel quadro che Claudio ha dipinto e mi perdo dentro la sua interpretazione, struggente come se stesse vivendo lui stesso quel momento. Sò che sarà una storia immaginata o chiesta in prestito alla vita, ma è bello vedere come lui se la fa entrare in pancia, perchè se non la ingoi non la puoi eseguire così come fa lui. Sicuramente è così anche per altre canzoni, ma questa che a me piace particolarmente mi fa da esempio per tutte.
Ma un’altra cosa mi colpisce sempre… Buona fortuna a cappella… perchè quando canti così, senza microfono e con il cuore se possibile ancora più vicino a noi, è come se Claudio si mettesse nudo davanti a noi, come se ci aprisse il cuore come si apre un libro e si offre a noi senza trucchi e senza inganni. Non c’è nessun aiuto tecnico, non c’è trucco acustico a sostenerlo, c’è soltanto la sua capacità di sposare la sua armonia con l’armonia del posto, che può esserci di più per un cantante?
Mi viene in mente il Claudio di Firenze che mentre cantava l’opera QPGA continuava ad illuminare con la luce di una pila chi stava cercando di fare foto. Forse anche lui si era stancato di quell’opera e per questo gli era facile distrarsi durante l’esecuzione delle canzoni. Allora preferisco di gran lunga un Claudio così, che affronta una scaletta dettata da chissà quale suo pensiero e scelta, ma proprio per questo più sentita e complice del suo stesso modo di essere e quindi partecipe al massimo esso stesso di essa.
Il concerto finiva, Pietro era stato vicino a noi, dovete sapere che i biglietti li avevamo comprati nel luglio scorso e che in quella occasione mi erano stati rubati insieme al portafogli, li avevamo comprati dopo una visita guidata perchè quei posti in particolare ci sembravano i migliori per godere le caratteristiche del posto, anche consigliati dai commessi. Dopo il furto li ho ricomprati via internet e abbiamo comprato i posti attigui. I posti rubati sono rimasti vuoti e così abbiamo fatto accomodare Pietro che aveva un biglietto delle ultime file della galleria, mentre sua moglie aveva un posto in platea.
Scendiamo in platea e sulle scale sento Giulia canticchiare simpaticamente: per il mondoooo… ancora un pò presa da un concerto che nella testa non sembrava voler finire, poi è la volta di Rosaria.
Con lei e Pietro indugiamo un poco fuori del Palau, qualche saluto, la voglia di godere fino alla fine quel momento, ma poi ce ne andiamo fra le braccia di Barcellona, c’è ancora un pò di sera e di città da vivere.
Nella notte cambia il giorno e noi vediamo nascere il giorno nuovo sulla via Lajetana dentro un bar dal nome accattivante: Cappuccino. E’ chiara la vocazione di questo bar nei confronti dei prodotti italiani e bisogna dire che s’impegnano molto per arrivare ad emularci, ottimo il cappuccino e da leccarsi i baffi le brioches che accompagnano le chiacchiere mie, di Rita e dei nostri compagni di avventura Rosaria e Pietro, chiacchiere che si protraggono ben oltre l’una e che si interrompono solo quando ci rendiamo conto che il locale deve chiudere.
Ci salutiamo con una grande voglia di rinnovare incontri ed avventure e quel saluto butta un ponte verso il prossimo sogno, verso la prossima strada da percorrere insieme.
La piazza della cattedrale e la ramblas che la collega a Plaza Catalunja brulicano ancora di gente, le bancarelle della fiera di Santa Lucia in gran parte sono cariche di prodotti per i presepi e di altri generi di prodotti natalizi e ancora per un pò ci prendono l’attenzione, ma anche le nostre forze ormai sono allo stremo e il letto dell’albergo con il sonno al quale ci lasciamo andare, è una coccola che dura fino al mattino seguente.
C’è ancora un pò di tempo per vedere Barcellona, c’è la trattoria che avevamo già vissuto la sera prima e che chiamava con una forza alla quale non potevamo che rispondere, c’era il tempo che passava e l’ora di tornare è arrivata.
Il taxi fa una strada tutta diversa, costeggia il mare passando sotto la Collina del Montjüc come se volesse regalarci una nuova fetta di Barcellona da vedere e arriva il terminal 2 da dove ripartiremo.
Un terminal spoglio, essenziale nello spirito low coast della compagnia che lo utilizza, l’aereo in ritardo come all’andata e fermo sulla pista per un’ora e mezza prima di riuscire a partire per un guasto, ma dentro di noi un nuovo tassello nel mosaico della vita e una nuova voglia di ripartire al più presto.
Renato
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